La mia Terra di Mezzo

Tra un fonendo ed una tazza, scorre la mia Terra di Mezzo, il mio presente.....Le porte? Si possono aprire, spalancare sul mondo, ma si possono anche chiudere, per custodire preziosi silenzi e recondite preghiere....





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martedì 5 dicembre 2017

Visione dell'Inferno 7/ Suor Maria Josefa Menendez

Suor Maria Josefa Menendez, religiosa del Sacro Cuore, nacque a Madrid il 4 febbraio 1890 e morì il 29 dicembre 1923. Suor Maria Josefa Menendez ebbe nella sua breve vita tante esperienze mistiche una delle quali fu quella di visitare l'inferno, più volte e di patirne i tormenti per riscattare, in punto di morte, le anime dei peccatori. 
 
Ecco quanto vede e narra:
«In un istante mi trovai nell'inferno, ma senza esservi trascinata come le altre volte, e proprio come vi devono cadere i dannati. L'anima vi si precipita da sè stessa, vi si getta come se desiderasse sparire dalla vista di Dio, per poterlo odiare e maledire. L'anima mia si lasciò cadere in un abisso, in cui non si poteva vedere il fondo, perché immenso [...]. Ho visto l'inferno come sempre: antri e fuoco. Benché non si vedono forme corporali, i tormenti straziano i dannati come se i corpi fossero presenti e le anime si riconoscono. Fui spinta in una nicchia di fuoco e schiacciata come tra piastre scottanti e come se dei ferri e delle punte aguzze arroventate s'infiggessero nel mio corpo. Ho sentito come se si volesse, senza riuscirvi, strapparmi la lingua, cosa che mi riduceva agli estremi, con un atroce dolore.
li occhi mi sembrava che uscissero dall'orbita, credo a causa del fuoco che li bruciava orrendamente. Non si può né muovere un dito per cercare sollievo, né cambiare posizione; il corpo è come compresso. Le orecchie sono stordite dalle grida confuse, che non cessano un solo istante. Un odore nauseabondo e ripugnante asfissia ed invade tutti, come se si bruciasse carne in putrefazione con pece e zolfo. Tutto questo l'ho provato come le altre volte e, sebbene questi tormenti siano terribili, sarebbero un nulla se l'anima non soffrisse. Ma essa soffre in un modo indicibile. Ho visto alcune di queste anime dannate ruggire per l'eterno supplizio che sanno dover sostenere, specialmente alle mani. Penso che abbiano rubato, poiché dicevano: "Dov'è ora quello che hai preso? Maledette mani"! Altre anime accusavano la propria lingua, gli occhi... Ciascuna ciò che è stato causa del suo peccato: "Ben pagate sono adesso le delizie che ti concedevi, o mio corpo! [...] "E sei tu, o corpo, che l'hai voluto"! [...]. Per un istante di piacere un'eternità di dolore! 
 
Mi pare che nell'inferno le anime si accusino specialmente di peccati d'impurità. Mentre ero in quell'abisso, ho visto precipitare dei mondani e non si può dire né comprendere le grida che emettevano e i ruggiti spaventosi che mandavano: "Maledizione eterna! Mi sono ingannata! Mi sono perduta! Sono qui per sempre, per sempre e non c'è più rimedio!... Maledizione a me"! Una fanciulla urlava disperatamente, imprecando contro le cattive soddisfazioni concesse al corpo e maledicendo i genitori, che le avevano data troppa libertà a seguire la moda e i divertimenti mondani. Da tre mesi era dannata. Tutto questo che ho scritto -conclude suor Josefa- non è che un'ombra in paragone a ciò che si soffre nell'inferno».
 
Tratto da CentroSanGiorgio
 
L'odore intollerabile di carne putrefatta bruciata, di zolfo e di pece, avvolgeva suor Josefa al termine di queste discese all'Inferno, come pure nei rapimenti e nelle persecuzioni diaboliche, esso era percepibile anche attorno a lei, dicono i testimoni, per lo spazio di un quarto d'ora o mezz'ora.
 
 


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